L’incapacità di averne uno

L’arrivo delle nuove stagioni generalmente mi aiuta a cadenzare il momento dei bilanci su come me la stia passando.
E l’autunno non passa indenne al penultimo resoconto dell’anno.
Mi è oramai impossibile non notare quante siano le cose che faccio o di cui mi preoccupo che reputi assolutamente irrinunciabili, tanto da inserirle nella mia scala di priorità sempre prima di me o ciò che desidero fare.
Sforzandomi di far passare la giornata districandomi tra i mille doveri ma senza poi preoccuparmi di godermela realmente.
Non posso fare a meno di domandarmi quali tra le molteplici cose che antepongo a quello che vorrei fare nella vita possa veramente valerne la pena.
Avete mai visto una mosca quando cerca spasmodicamente di uscire da una stanza? Le si può spalancare una finestra a doppie ante, ma per un tempo a mio dire infinito cercherà comunque di uscire sbattendo più volte sul vetro.
Ecco, quella mosca sono io.
E quanti come me?
Figlia di un retaggio culturale che insegna a non dire ad alta voce ciò che si desidera perché poi non si avvera o di tenere ben nascosti i momenti felici perché altrimenti porta male, sono stata plasmata a neppure preoccuparmi di avere sogni.
Sono ad un passo dai trent’anni e vivo incastrata tra i doveri.
È difficile capire come ci si possa sganciare da grossi massi che ci tengono ancorati al suolo, quali: la paura dell’insuccesso, il timore di risultare dei perfetti falliti agli occhi di chi ci sta attorno o l’attanagliante angoscia di sentirsi fuori tempo.
Forse basterebbe rendersi conto che siamo tutti nella stessa balia, e come funamboli cerchiamo di andare avanti in equilibrio stando attenti a non farci troppo male se cadiamo.
Vi regalo questa bella immagine del “Sogno” di Picasso.
Somiglia a me, la sera sul divano, con Fabio che mi chiede:
“A cosa pensi?”
“Mah nulla, sogno!”